Coinvolti quattro ospedali italiani, valuterà anakinra ed emapalumab
E' partito venerdì un nuovo studio clinico, autorizzato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), che vedrà coinvolti quattro grandi ospedali italiani, per valutare l'efficacia e la sicurezza di due farmaci biologici in uso per patologie autoimmuni, anakinra ed emapalumab, nel trattamento delle complicanze da Covid-19. Lo annuncia in una nota l'azienda farmaceutica Sobi Italia, che rassicura "sarà garantita la continuità terapeutica a tutti i pazienti già in trattamento per le indicazioni approvate". Uno dei fattori prognostici negativi nei pazienti con Covid-19 grave sembra essere la risposta sproporzionata del sistema immunitario al virus con una tempesta di citochine associata e iperinfiammazione.
Lo studio testerà, su questi pazienti, l'effetto, non in associazione, di anakinra ed emapalumab, due molecole che bloccano, rispettivamente, le citochine IL-1 e IFN-g. In particolare, il primo è un farmaco biologico che riesce a inibire l'attività dell'interleuchina-1 (IL-1), ed è stato già approvato per il trattamento di un gruppo di patologie auto-infiammatorie rare, come le cosiddette sindromi periodiche associate alla criopirina, e per l'artrite reumatoide (come tocilizumab). Il secondo farmaco è invece un anticorpo monoclonale che neutralizza l'interferone-gamma regolando così la risposta infiammatoria nei pazienti affetti da linfoistiocitosi emofagocitica (HLH), patologia rara legata all'attivazione e alla proliferazione incontrollata di alcune cellule del sistema immunitario.
La sperimentazione randomizzata di Fase 2/3, autorizzata da Aifa, è stata richiesto dal Consiglio Superiore di Sanità e dall'Istituto Nazionale per le Malattie Spallanzani di Roma e vede coinvolti anche il Policlinico di Milano, gli Spedali Civili di Brescia e l'Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma. Coinvolgerà 54 pazienti e durerà 2 settimane, a cui ne seguiranno 8 di osservazione e dovrà testare la capacità dei due farmaci nella riduzione dell'iperinfiammazione e del distress respiratorio nei pazienti con Covid-19.
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